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venerdì 10 luglio 2015

Fontanili, marcite, mucche felici e formaggi perduti. Come far attecchire la bellezza nell'agricoltura assassina.


Amando la natura in tutti i suoi aspetti, in particolar modo quella del mio territorio, sto indagando da tempo le emergenze ambientali e paesaggistiche del cremonese.
Come molti sapranno la zona più a Nord ( Nord-Ovest) della nostra provincia, quella verso Crema per intenderci, rientra in un'area detta fascia a fontanili.
Ovvero un lungo lembo di terra che percorre tutta la Pianura Padana, ma che si espande in altezza solo per alcuni chilometri, presso il quale scaturiscono dal terreno, disseminate per tutta la campagna, miriadi di risorgive di acque pure, molto ossigenate e fresche, che poi l'uomo ha imparato, nei millenni, a gestire ed utilizzare per fini agricoli.

Questo fenomeno avviene al contatto tra l'alta e la bassa pianura, dove si passa da un substrato permeabile, ricco di sassi e ghiaie di medie-grosse dimensioni a strati impermeabili, come quelli argillosi, che obbligano le acque sotterranee, provenienti dalla fascia alpina, ad affiorare in superfice.
La grande abbondanza di acque di ottima qualità, tipiche di tutto quel territorio che nel nostro caso va, grossomodo, da Genivolta, con le sue Tombe Morte, sino a Treviglio, ha creato, nei secoli passati, delle eccellenze di “architettura agricola”( scrivo architettura e non ingegneria perchè aggiungono, oltre all'utilità, un'indiscutibile qualità estetica al territorio e all'ambiente) molto raffinate e particolari, ovvero le cosiddette marcite.
La pratica delle marcite risale al medioevo e più precisamente al  XII sec., per opera dei monaci certosini di Chiaravalle, artefici, nello stesso periodo, di un'altra grande invenzione: il  formaggio Grana/Parmigiano.
Come presto vedremo tra le due innovazioni esiste uno stretto legame.
Pur se sappiamo che le marcite vennero introdotte dai certosini per bonificare un terreno paludoso e malsano, ci sfugge ancora l'etimologia del termine, come dimostrano le varie interpretazioni esistenti: c'è chi ritiene che derivi da Marzo, mese del primo sfalcio dell'anno o dal fatto che con l'ultimo taglio, a Dicembre, non si raccogliesse l'erba ma si lasciasse marcire sopra i campi, a mò di fertilizzante.

Ma in cosa consiste esattamente una marcita? Si tratta di un normale campo adibito a prato per la fienagione, con la differenza che al suo interno è solcato da piccoli fossatelli perennemente ricolmi d'acqua, quando possibile proveniente dai fontanili, che viene fatta tracimare sulla copertura vegetale, mantenendola sempre umida e rigogliosa.


Le acque utilizzate, che scaturiscono dal sottosuolo, anche in pieno inverno mantengono una temperatura mai inferiore ai 6 °, il che produce due reazioni molto interessanti.
Per prima cosa l'erba continua a crescere e ad essere florida in tutti le stagioni e in tutti i mesi dell'anno, anche in pieno inverno, permettendo il doppio del raccolto rispetto ai campi tradizionali: invece dei canonici 4/5 tagli si arriva tranquillamente a 8/9.
Inoltre, quando tutto il panorama circostante sarà invaso da neve e apparirà bianco fino all'orizzonte, la marcita spiccherà come una sgargiante macchia di verde intenso, grazie alle temperature miti delle acque utilizzate che mai andranno a gelare.

Le marcite sono state per secoli un vanto, finchè sono durate, di questa abbruttita Pianura Padana, un fiore all'occhiello rinomato in tutto il mondo: venivano da mezza Europa e persino dall'America per vedere questa pratica così peculiare e virtuosa, sia per l'uomo che per l'ambiente.
. Era un endemismo, un fenomeno d.o.p, tipico ed esclusivo delle province di Milano,Lodi e Cremona.
 Dal punto di vista floristico, le marcite sono equiparabili a prati umidi ed ospitano un' abbondanza e varietà tale di fiori rari e caratteristici da tener quasi testa ai ridenti pascoli alpini.
Ma l'avidità dell'uomo, come al solito, ha rovinato tutto: l'ingordigia di produrre quantitativi sfrenati di latte, intollerabili per un ciclo armonioso della natura, ha spazzato via quanto restava di bello, sano e genuino nella nostra agricoltura.
E' rimasto giusto qualche appezzamento “didattico”, lasciato a testimonianza del passato, nel parco agricolo Milano sud.
Le cause del declino e dell'abbandono sono da ricercarsi nell'antieconomicità di tale pratica una volta che l'agricoltura è entrata nelle spire del capitalismo più vorace: mezzi meccanici non compatibili, richiesta di manodopera eccessiva, utilizzo di mangimi ipercalorici, ipervitaminici, ipertutto al posto del fieno, chiusura ed estinzione dei fontanili per mancanza di manutenzione.

Ma siamo sicuri che l'attuale situazione di produzione sfrenata, che punta a quantità elevatissime a discapito della qualità, sia poi così benefica per il consumatore finale?

Ecco un brevissimo riassunto sulla degenerazione attuale della qualità del latte e dei formaggi che noi consideriamo come chissà quale prelibatezza da esportare nel mondo, ma mi faccia il piacere mi faccia!


...Gran parte (quelli onesti) dei caseifici ammettano con tristezza che ormai é diventato molto difficile produrre una buon formaggio visto la scarsa qualitá e quantitá dei lattobacilli nel latte fornito dai contadini. Quando poi senti i veterinari in carico per le stesse stalle ti spiegano che la maggior parte delle mucche ormai sono acidificate a causa del silaggio mal fermentato ( si fanno fermentare nei silos i trinciati vegetali, ovvero il foraggio per il bestiame n.d.s)e per la poca attenzione dei contadini "moderni" all'igiene microbiologica nelle stalle.
Se poi parli con gli agronomi ti dicono che non c'é nulla da meravigliarsi visto l'impiego di erbicidi (sopratutto impiegato a secchi per il mais -> silaggio), anticrittogamici e concimi sintetici usati sui campi di oggi, oltre al letame derivante da mucche malate perché in continua acidosi!
Tratto da :
http://www.ciboecibo.it/Sani,-buoni-e-etici/Cosa-mangiamo/Grana-Padano-o-Parmigiano-Reggiano-/ca_1829.html


Non credo nemmeno ci sia bisogno di rimarcare l'orrenda violenza e abuso subito da ogni singola vacca, le cui sofferenze, malesseri, dolori e disperazioni, per via di un chimismo nemmeno troppo sottile, vanno a finire dritte dritte nel latte che beviamo e nei formaggi che mangiamo.
Voglio invece concentrarmi su un altro dato di fatto: il cibo che viene dato a ste povere bestie, per produrre il Grana Padano delle nostre zone, è anni luce più scadente di quello di 60 o 100 anni fa: attualmente le norme del Consorzio di tutela prevedono l'utilizzo di cibi magari altamente performanti in termini di litri di latte prodotto ma altrettanto poveri sotto un profilo di varietà e qualità: il regolamento permette agli allevatori di utilizzare, per mera convenienza economica ( leggasi ingordigia), dei prodotti, come mais e soia, che non esistevano nemmeno in passato della dieta vaccina.
E' inutile che ci vengano a raccontare su wikipedia che:

tra i foraggi ammessi più rappresentativi troviamo i foraggi freschi o affienati da prati stabili o artificiali o sfalciati, che fin dal Medioevo costituivano la base dell'alimentazione. A questi si sono aggiunti gli insilati di trinciato di mais o di altre foraggere, i fieni silo. Tra i mangimi ammessi spiccano i cereali e la soia.
fonte: Consorzio tutela del marchio Grana Padano

Ci sono dei grossolani errori sopra riportati, evidentemente voluti per fini commerciali  e propagandistici dalla psico-setta degli allevatori a marchio dop ( Diciamo Oltranzose Palle, non quelle di fieno.)

Chiunque attraversi giornalmente le desolate lande della pianura padana, o sarebbe meglio chiamarla depressione padana(?), si accorgerà che di prati, senza parlare di prati stabili( resistono stoicamente nell'areale di produzione del Parmigiano per fortuna) che non esistono nemmeno più, ce ne sono ben pochi.



Credo che le due immagini sottostanti parlino da sole, la differenza tra le due "diete" è abissale

monocultura  a mais, il cui tranciato è alla base del Grana Padano



 
Bellissimo prato incolto, posti del genere attualmente si riescono a trovare quasi esclusivamente in collina.

































Forse loro per prati intendono quei tappeti tutti uguali, come un campo da calcio, di erba medica!
Forse i signorotti che ragionano ancora in termini feudali, fanno finta di non accorgersi di quanti aromi, gusti,  retrogusti e profumi si siano persi per sempre.
(Ammetto che questa del gusto perduto è un pò una mia fissa, sono affascinato dalla ricchezza che i nostri nonni hanno potuto apprezzare senza nemmeno accorgersi di quanto erano fortunati...certo c'era la guerra, ma esistevano, giusto per fare un solo esempio, decine e decine di pesci d'acqua dolce diversi, per non parlare di gamberi e gamberetti di fiume....un immenso patrimonio non solo biologico ma anche gastronimico perso per sempre.Quanti sapori, quante fritture sublimi ormai lontani ricordi...)
Un campo incolto invece, un vero prato stabile o comunque lavorato con certi crismi, magari anche biologici, ospita sulla sua superficie decine e decine di piante e fiori diversi, ognuno con le sue specifiche qualità e sapori, che andranno inevitabilmente ad arricchire il prodotto finale.

Quanti prati vedete in giro ancora ricchi di fiori sgargianti? Esatto! Quelli di certe aiuole spartitraffico hanno un indice qualitativo migliore di tutti gli altri coltivati!
Per fortuna i prati si sono mantenuti di più dove si produce il Parmigiano Reggiano, come per esempio nella vicina provincia di Parma ma da noi è un vero e proprio disastro: legioni e legioni di piante di mais tutte uguali, come soldatini da sacrificare al fronte senza ritegno, vera e propria carne da macello.

L'alimentazione delle vacche odierne è di infima qualità rispetto a quella del passato, consta, quando va bene, di 3-4 essenze vegetali, coltivate intensivamente, ovvero senza tollerare la presenza di altre erbe all'interno del campo...un'innaffiata di veleni e liquami provienenti da bestie mediamente tutte malmesse... e via, il pranzo è servito!

Purtroppo anche per quanto riguarda i prati si assiste ad un radicale impoverimento di essenze presenti.
Tendono ovvero a riempirsi di una o poco più specie di graminacee che ricoprono tutto l'appezzamento senza lasciar spazio ad altre famiglie con fiori più appariscenti.
Anche in questo caso, impoverimento di biodiversità, di colori, di bellezza.
Non a caso il regolamento per la produzione del Parmigiano Reggiano è molto più severo rispetto a quello del Grana e sicuramente più attento alla qualità finale del prodotto, come si evince dalle norme che qui riporto:

Nella razione giornaliera, almeno il 50% della sostanza secca dei foraggi deve essere apportata da fieni.
Tratto dal diciplinare di produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano.
Questa è una differenza fondamentale tra Grana e Parmigiano, così come l'utilizzo del conservante lisozima, inserito soltanto nel Grana  per motivi non molto rassicuranti (vedi approfondimenti sotto).

Chi volesse approfondire il discorso Parmigiano VS Grana può leggersi quest'ottimo articolo:




Per quanto riguarda l'importanza del fieno, perchè, secondo voi, da sempre il maggese è il taglio più ambito?

Fieno di primo taglio: detto maggengo, perché viene raccolto in maggio (ma anche in giugno), è il fieno migliore;
  • fieno di secondo taglio: detto agostano;
  • fieno di terzo taglio: detto settembrino o grumereccio o terzuolo è quello con qualità nutritive inferiori.
https://it.wikipedia.org/wiki/Fieno

Perchè Maggio è il picco massimo della Primavera, il momento in cui la maggior parte dei fiori sboccia, ognuno con le sue qualità peculiari che filtreranno sottilmente nella qualità finale del latte.
Il gusto e il profumo di un formaggio dipendono da tante cose ma innanzitutto dalle particolari sostanze, olii essenziali e  molecole che ogni foglia, stelo, petalo, granello di polline contengono in quantita e qualità diverse.

Infine, spiegata l'effettiva superiorità del Parmigiano Reggiano sul Grana Padano, vorrei fare una proposta “immaginativa” ai produttori locali, cui troppo spesso manca una visione d'insieme a più largo respiro, affinchè anche il Grana possa recuperare lo smalto perduto e ritornare ad essere un'eccellenza autentica e non solo a proclami.
E' certamente una piccola, ingenua utopia, ma forse i tempi sono maturi per una presa di coscienza e un cambiamento radicale:

Da una mail di un produttore di formaggi biologici.

Molti ci chiedono se la fine del regime delle quote latte è, o sarà,  un
danno per la nostra agricoltura.

La risposta che mi sento di dare  è no.

Nei 30 anni  in cui in Europa è rimasto in vigore il sistema produttivo
regolamentato dalle quote-latte,   in Italia hanno chiuso 4 aziende agricole
;su 5. Una enormità!

Il sistema era stato introdotto perche la Germania aveva eccedenze di
produzione lattiera e doveva essere fermata la crescita produttiva tedesca.

Con il sistema delle quote-latte la  Germania ha raggiunto il suo obiettivo
fermando la sua crescita produttiva di latte ed ha al contempo incentivato
la sua industria di trasformazione a tal punto che oggi i tedeschi sono
diventati i primi produttori ed esportatori di formaggi d'Europa (non
l'Italia o la Francia).
Il blocco dell'aumento della produzione di latte imposto in questi anni
dall'Europa
con il regime delle quote-latte ha spinto alcuni paesi a privilegiare
l'aspetto
qualitativo o di sostenibilità ambientale ed economica. Uno di questo paesi
è l'Austria che negli ultimi 30 anni ha puntato sulla produzione di latte
biologico.
Sempre in questi medesimi 30 anni, l'Italia ha puntato invece sulla
produzione intensiva del mais per produrre latte a prezzi sempre più bassi e
concorrenziali.
Il risultato è stato di aumentare la dimensione delle aziende agricole, ma
non di renderle sostenibili..per questo hanno chiuso 4 aziende su 5 ovvero
tutte quelle piccole aziende familiari che costituivano la spina dorsale
della nostra economia agricola.
In un mercato libero e non più vincolato alle quote, probabilmente molte
aziende agricole valuteranno di passare al biologico o a sistemi più
naturali di produzione, per lo meno questo è quello che noi ci auguriamo.

Questo ovviamente potrà avvenire solo se l'Italia (come Stato) si doterà di
un progetto di valorizzazione ed incentivazione di questi sistemi
 produttivi.
Situazione ideale di rispetto delle basi essenziali della vita...
 Ma torniamo all'utopia a cui accennavo poc'anzi.
Non ci sarebbe forse lo spazio sul mercato per un prodotto di nicchia di altissima qualità che possa vantare le straordinarie virtù che tenterò di elencare qui sotto?

Ecco dunque una sorta di manifesto dell'allevatore illuminato:

Puntare su un marchio biologogico ed etico, animal friendly, che non rappresenti solo un eccellente prodotto " a tiratura limitata" da vendere ma anche uno stile di vita alternativo ed eco-compatibile.
Ciò comporta evidentemente una minor produzione complessiva, ma anche di Ferrari se ne fanno un tantino meno rispetto alle Panda!
Rivolgersi quindi a un mercato piccolo ed esigente, creare un brand del tipo "millenary tradition", " a Middle Ages practice rediscovered ". Citare il primo manoscritto in cui si parla del Grana, vantarsi di dire: noi esistiamo since 1169...
Il nostro latte non è fatto solo da mucche: ma da miriadi di farfalle variopinte, api e bombi operosi, fiori profumati e liberi di esprimere la loro bellezza. Le nostre sono mucche felici: pascolano all'aperto, sono libere di muoversi, assorbire la luce del sole. Non vengono rinchiuse in gabbie nè strizzate a ritmi folli e insostenibili.
I vitellini non sono sottratti alle loro madri, ma li si lascia insieme, come natura vuole.
Utilizziamosolo acque speciali di fonte, di eccellente qualità, provenienti da risorgive e fontanili, piccoli e delicati monumenti naturali che andrebbero protetti.
Nei nostri campi non si uccide la vita ma la si moltiplica e protegge, per il nostro bestiame utilizziamo prati variopinti con i più bei fiori di tutta la Pianura Padana.
Abbiamo ripreso una tecnica millenaria che era caduta nell'oblio perchè troppo onerosa e non redditizia ma che conteneva tutta la saggezza per mantenere il delicato equilibrio dell'ecosistema che ci circonda.
Abbiamo ridato vita ai veri prati stabili e alle marcite, scomparsi ovunque.


Sono recentemente stato nella zona di Castelmagno (Cn), dove si produce l'omonimo formaggio, uno tra i più costosi, rinomati e obiettivamente buoni del panorama nazionale e internazionale.
Secondo voi cosa lo rende così speciale? Bhè, ovvimanete l'aria e l'acqua di alta montagna sono catalizzatori eccezionali ma le erbe e i fiori che le vacche ruminano in quei pascoli secondo me fanno davvero la differenza. Sopra il Santuario di San Magno ho osservato i prati e i pascoli più belli che la mia memoria possa ricordare. Un vero incanto di colori e forme inebrianti. Dai rari gigli bianchi, alle orchidee bicolor, un'esplosione che trapela una vitalità più unica che rara. Ho perso persino il conto dei generi e delle specie incontrate, moltissime delle quali a me sconosciute!
foto esemplificativa di un pascolo alpino tra Cuneo e la Liguria: http://www.quotazero.com/forum/viewtopic.php?f=40&t=11178

Ecco come la bellezza diventa scientifica! Ecco come la scienza e la tecnica si abbelliscono!
Purtroppo il vil denaro ha infettato tutto: la bellezza della campagna, la dignità e il rispetto degli animali allevati fino ad arrivare alla nostra stessa salute.
Vi siete mai chiesti perchè così tante persone sono diventate insofferenti al lattosio?
I nostri genitori o nonni soffrivano forse di questo disturbo?
Purtroppo il latte è diventato una SCHIFEZZA IMMONDA!
E con la scusa di far tutto, o quasi, a norma di legge, nessuno parla  di questi problemi ai consumatori, che sono costretti ad arrangiarsi da soli e capire sulla loro pelle che moltissimo del cibo che legalmente si vende sul mercato è VELENO, allora ecco spiegato perchè sempre più grandi fette della popolazione diventano vegetariane e vegane.
E  ti credo, SI TRATTA DI SOPRAVVIVENZA! NON E' UNA MODA PASSEGGERA, E' UNA TENDENZA EVOLUTIVA!

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